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PARTECIPAZIONE CIVICA

Un viaggio all'inverso

Laboratorio: Comunità Area Grecanica

Categoria Storie | Avviata il 18-10-2014 | Contributi n. 0 | Si conclude il 31-12-2014 | Partecipa

Descrizione

È quasi sera. Sono su un aereo che mi sta riportando a Bova, luogo in cui ho i miei affetti più cari. Sotto di me un tappeto bianco. Nuvole su nuvole con l’unica eccezione dell’ombra dell’aeroplano e dei miei pensieri liberi. L’aereo si abbassa e intravedo l’Etna incorniciato dal tramonto del sole. Mi viene in mente la prima volta che ho sentito parlare della Calabria: avevo 6 anni e in classe c’era una bambina che confondeva la “e” con la “è”. Diceva che non voleva stare a Como, ma a Locri perchè lì non sbagliava. Così immaginavo un posto misterioso alla fine dello stivale in cui le parole si trasformavano, e anch’ io non avrei più avuto problemi con l’”acca”. Dovevano passare altri 15anni per mettere piede in Calabria: i miei erano al mare ad Isola di Capo Rizzuto. Mi trovavo in Scozia e, con poca voglia, li raggiunsi. Dall’alto vedevo case senza tetto con i pali di ferro che uscivano dritti verso il cielo, pronti ad infilzarti se l’aereo cadeva. Il paesaggio inglese era invece affascinante: distese verdi e campi da golf, laghetti e piccoli cimiteri con la loro chiesetta. I sentimenti rispecchiano l’umore del momento, e quindi percepii una terra ostile e non accogliente. Ma a ripensarci, se l’aereo cade, poco importa del paesaggio che hai sotto di te. In Calabria era destino che ci ritornassi nel marzo del 2003 per l’inaugurazione del master che mi avrebbe cambiato la vita. A Reggio rimasi una settimana: il lungomare su cui si affacciava l’hotel era incantevole, ma la città era piena di immondizia. La Calabria mi ha mostrato subito le sue contraddizioni: terra ospitale e generosa ma poco rispettosa del bene comune. Per una comasca, dover lasciare un marciapiede perché interrotto da una casa, è impensabile. D’altro canto se a Como saluti una persona solo perché ti trovi sullo stesso pianerottolo vieni guardato male, mentre in Calabria il saluto allo sconosciuto è una forma di rispetto, strana ma bellissima. Mi ricordo quando a Como una mattina all’alba siamo usciti con mio marito: la strada era deserta, e -sola- davanti al portone, una portinaia spazzava. Pietro da buon calabrese ha salutato, e la signora spaventata è corsa dentro… In autunno ritornai a Reggio: il master proponeva uno stage di 2mesi nell’Area grecanica. Bova mi ha subito incantato: un borgo medievale intoccato in una terra deturpata da tutti. Mi sembrava di percepire dalle vie strette che si inerpicavano verso la rocca, e dagli antichi casalini in pietra, un’energia sommessa che stava cercando una via d’uscita. Le giornate passavano veloci tra lo studio e la sperimentazione sul campo. La sera andavo in cooperativa, base logistica per noi studenti e si chiacchierava con i giovani della San Leo e con quelli che incuriositi venivano col pretesto di suonare la tarantella. Lì ho conosciuto mio marito, e ho iniziato ad apprezzare le cose semplici, la naturalezza nel parlare e nel fare, la sincerità di chi è legato alla propria terra e alle proprie origini, la caparbietà di chi crede in un progetto e lo vuole realizzare con tutte le sue forze. Ho capito subito che non avrei mai potuto chiedergli di vivere altrove. Bova, terra greca e poi romana, terra ortodossa e poi latina. Un posto magico che cattura chi passa e lo fa tornare. Solo a Bova può succedere di incontrare turisti da tutto il mondo, fare lo slalom tra pecore e vacche che ti invadono la strada, mangiare in montagna carne di capra e essere invitato ad un matrimonio americano su una terrazza affacciata sul mare. Qui i pensieri si possono anche fermare, perchè non c’è fretta: le cose si sistemano sempre da sole. Adesso la Calabria è la mia terra. In questo “viaggio all’inverso” ho scelto di viverci . Chi può, cerca di scappare… solo perché deve ancora comprendere che, in un paese sviluppato, non è il luogo in cui vivi a determinare la tua vita, ma è come lo “fai tuo” vivendolo. Ma chi ha la fortuna di conoscere persone che l’hanno intuito, spesso decide di rimanere. Io ho avuto questa fortuna.

Obiettivi

— Accompagnare il lettore nella conoscenza del proprio territorio attraverso gli occhi dell'”altro”. — Trasmettere al lettore l’amore per un luogo a prescindere dalle proprie origini. — Ricordare al lettore che ognuno di noi è artefice della propria vita e può decidere di essere determinante per la sua terra

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